Psicoterapia
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Le emozioni sono il motore dei nostri processi di autoregolazione perché forniscono la qualità di attivazione, ci confortano, ci permettono di dare significato agli eventi che accadono, attivano o disattivano le nostre difese.
Sottovalutiamo la relazione che c’è tra il corpo e la mente quando pensiamo alle nostre tensioni. Un singolo pensiero è capace di tender i nostri muscoli, di irrigidire la mascella, di modificare la postura.
Per fronteggiare una situazione carica di stress come l’attuale, ci ARMIAMO costruendoci una CORAZZA MUSCOLARE che diminuisce le capacità di autoregolazione e ci riporta ad una modalità regolatoria difensiva e obsoleta. Le nostre difese che nascono dopo che l’evento doloroso- spaventoso è accaduto, con lo scopo di proteggerci dal ripetersi di nuovi eventi dolorosi, non sono selettive e rimangono attive anche quando non sarebbe necessario costruendo, anch’esse, delle modalità regolatorie di risposta emotiva.
Le emozioni sono il motore dei nostri processi di autoregolazione perché forniscono la qualità di attivazione, ci confortano, ci permettono di dare significato agli eventi che accadono, attivano o disattivano le nostre difese. il blocco muscolare impedisce o rallenta il fluire da una emozione all’altra e quindi la loro modulazione ed elaborazione. In questo corso lavoreremo sul sentire che tipo di emozioni ci sono (consapevolezza), le esprimeremo mantenendo la padronanza del processo emotivo .
L’emozione è espressione di un processo di carica e scarica che, se non ostacolato dai blocchi, giunge infine alla distensione. E’ nella distensione della scarica che può avvenire il processo di autoregolazione che permette l’integrazione dell’esperienza. La scarica però non è necessariamente legata all’agire l’emozione nella realtà.
Essere SPAVENTATI spesso produce pensieri di preoccupazione e sensazioni di tachicardia , o il cuore stretto in una morsa , aumento del ritmo respiratorio e tensione corporea. Spesso queste situazioni ci allarmano e anziché provare ad esplorarle, con interesse e curiosità, RICORRIAMO ALL’EVITAMENTO come se rappresentassero qualcosa di sbagliato o fossero il segno che stiamo sbagliando qualcosa. Ma se ci fermiamo ai soli nostri pensieri e disattendiamo l’esplorazione del nostro mondo interno, rischiamo di credere alle nostre idee, senza valutare quanto sono condizionate dalle nostre emozioni e dalle nostre sensazioni fisiche. Inoltre spesso complichiamo le cose GIUDICANDO ciò che sta avvenendo. Di CHI E’ LA COLPA? Soprattutto quest’ultima si ripropone in modo ricorrente ed impertinente; in pratica cerchiamo un responsabile, ancor più in questo periodo di Covid.
La RIGIDITA’ MENTALE E LA RIGIDITA’ FISICA sono corrispondenti. E il modo che abbiamo, sempre a nostra disposizione, per aprire la mente e sciogliere le sue tensioni e le sue rigidità è sempre lo stesso: SMETTERE DI CREDERE CIECAMENTE AI NOSTRI PENSIERI , cogliere altre prospettive, ammorbidire i limiti della nostra consapevolezza con l’attenzione intenzionale al respiro.
Non c’è rigidità mentale che non corrisponda ad una rigidità fisica. Non c’è rigidità fisica che non produca anche una rigidità mentale. È come se le TENSIONI FISICHE COSTRINGESSERO LA NOSTRA MENTE AD ANDARE SU UN UNICO BINARIO .
In questo senso corpo e mente sono silenziosamente alleati: per quanto possiamo sentire distanza tra l’attività della nostra mente e il nostro corpo – nei fatti – corrispondono. Per questa ragione non può bastare affrontare la rigidità solo a livello fisico o solo a livello mentale. Abbiamo bisogno di guardarla in entrambi gli aspetti e già – la semplice consapevolezza – ammorbidisce.
Le tensioni muscolari in se ” producono” emozioni. Se respiriamo poco – e non ce ne accorgiamo nemmeno- questo può indurre uno STATO DI ANSIA , indipendentemente dalle preoccupazioni che abbiamo nella nostra vita reale.
EVITARE , attraverso la contrazione, le nostre emozioni, è come vivere con un vestito stretto. Toglie il respiro.
E allora ogni cosa, anche la più piccola, ha un senso di urgenza, di fretta e di soffocamento, che sta nel nostro vestito stretto e non nell’esperienza in se’. Non possiamo appassionarci a ciò che facciamo perché non abbiamo abbastanza aria per vivere.
Tornare al respiro, senza per forza correggerlo o modificarlo, è come aprire lo spazio della costrizione, restituendogli agio. Restituendogli attenzione e intimità.
Abbiamo bisogno di ristabilire l’intimità con noi per riportare intimità nelle nostre relazioni e sono i blocchi muscolari difensivi che ci limitano e interferiscono con la gestione delle nostre emozioni e della nostra abilità relazionale.