Compiti scolastici a casa: CORAGGIO! Diamo voce alle paure nascoste…
“I compiti li faccio dopo!”
E rimandare spesso nasconde l’ansia di iniziare, la paura di non riuscire, un senso di inadeguatezza che ci avvolge.
Fare i compiti è una situazione che ci mette alla prova.
E’ molto probabile che le nostre paure vadano ad alimentare l’ansia e la tendenza ad evitare le situazioni sfidanti. Quelle che potrebbero farci crescere ma che, mettendoci alla prova, noi evitiamo. Significa uscire dalla nostra comfort zone per entrare nella scoperta della novità.
Perché la paura è un’emozione che, anche fisicamente, ci fa rimpicciolire.
Se immaginiamo cosa facciamo quando abbiamo paura, il primo gesto spontaneo che emerge è il rattrappirsi, il ritirarsi.
La cosa più difficile con la paura è ammetterla. Ci vergogniamo di avere paura e facciamo moltissimo perché, gli altri non si accorgano delle nostre paure. In realtà è una delle emozioni di base: impossibile non provarla. La paura quindi ci fa ritirare.
Diverse paure, diversa la risposta del corpo.
Il classico mal di pancia…A volte la paura diventa una agitazione intestinale o allo stomaco. A volte diventa una tachicardia e una sensazione di freddo. Altre volte una tensione alle spalle e al collo. O tensione che produce mal di testa. In ogni caso è impossibile che la paura lasci fuori il corpo. O quante volte per ritardare l’inizio dei compiti….si va a fare la pipì o si ha sete…o fame…
Molte delle nostre tensioni muscolari nascono per ridurre la quantità di sensazione. Questo però produce un duplice effetto: sul momento può fermare l’impatto di ciò che sentiamo ma, nel lungo periodo, ha l’effetto contrario. È la contrazione stessa che alimenta la paura che proviamo.
Lo sguardo che punta dritto al risultato
Come se tenere lo sguardo nella direzione della destinazione finale – il risultato che vogliamo raggiungere – fosse un’ancora di salvezza.
Non sempre però è davvero un aiuto: a volte il senso della distanza da percorrere diventa così soverchiante da farci rinunciare anche al piccolo passo che potremmo fare oggi.
“Inizia ad avvicinarti /non fare il secondo passo, /né il terzo /inizia con il primo, /avvicinati al passo che non vuoi fare(…)
Inizia ora, fai un piccolo passo/che tu possa chiamare tuo/non seguire eroicamente gli altri/sii umile e concentrato, /inizia ad avvicinarti, / non confondere gli altri con te stesso.” David Whyte
…”se solo ti impegnassi“,”…se solo studiassi metà tempo di quello che dedichi al cellulare… “
E’ una tentazione a cui difficilmente sappiamo rinunciare anche se ci rendiamo conto con facilità del danno che produce fare un confronto continuo tra come l’altro è e come vorremmo o dovrebbe essere: desiderare che l’altro sia diverso da come è aumenta il conflitto, la svalutazione e l’infelicità, giorno dopo giorno.
Perché poi, paradossalmente, quando pretendiamo che l’altro cambi e ci accorgiamo che non è così, passiamo sulla sponda opposta e diciamo:
“Allora non c’è niente da fare, sarà sempre così!“.
Stiamo tranquilli noi genitori e respiriamo….facciamoci guidare dal ritmo del nostro respiro! Tutto è soggetto a cambiamento. Ma non con i nostri tempi e la nostra volontà condizionata dal bisogno di avere il mondo che vorremmo.
“Crescere figli è uno specchio che costringe a guardarsi in faccia. Se si può imparare da ciò che si vede, si può avere la possibilità di continuare a crescere a nostra volta.” Jon Kabat Zinn
Sbagliare, che ansia!
Più sbagliamo e più ci sentiamo insicuri e l’insicurezza è un formidabile combustile per l’ansia. La paura di sbagliare nasce dalla vergogna che siamo abituati a provare davanti agli errori, come se noi fossimo i soli a sbagliare, come se dovessimo nascere “già imparati”. Oppure, a volte, evitiamo di metterci in situazioni nuove per evitare l’ansia che queste ci provocherebbe: in questo modo la nostra possibilità di imparare rimane schiacciata tra vergogna e ansia, e nessuna delle due è una buona compagnia.
Quando ci rilassiamo rispetto all’imperfezione, non perdiamo più la nostra vita nella ricerca di momenti in cui le cose siano diverse da come sono o nella paura di sbagliare.
Il modo in cui parliamo ai nostri figli diventa la loro voce interiore
Riguarda il nostro modo di trattare gli standard elevati, le imperfezioni, i fallimenti. Riguarda la tendenza, spesso davvero faticosa, a passare dall’idealizzazione alla svalutazione.
Riguarda la tendenza a sentire il nostro valore determinato dall’esterno: dalle persone che frequentiamo, dal lavoro che facciamo, dall’approvazione o disapprovazione che riceviamo. E fino a che sarà l’esterno a dare valore alla nostra vita non avremo altra scelta che cercare, affannosamente, di stare sempre in alto e di attribuire il nostro valore agli elevati standard. E i nostri figli tenderanno a confondere il proprio valore personale con i voti presi a scuola e di percepire che noi siamo più interessati ai voti che a loro .
Fare i compiti è …. è una bella prova di coraggio
Correre il rischio di disvelarci nei nostri errori, insicurezze ed imperfezioni. Perché alla fine l’idea che se gli altri vedessero come siamo davvero non ci vorrebbero più, è un’idea molto diffusa e molto forte. Ci fa credere che è solo perché ci prepariamo, ci trucchiamo, ci aggiustiamo che siamo accettabili. È solo perchè siamo preparati che siamo decenti.
Nasconde una sorta di dubbio e ostilità diretta contro di noi che riteniamo di non andare bene così come siamo. È questa sottile e persistenza condizione di dubbio che ci rende insicuri e che ci frena nel momento in cui abbiamo bisogno di attingere a tutte le nostre risorse.